Concessioni per la gestione di stabilimenti balneari: incompatibile con il diritto UE la loro proroga automatica

A seguito dell’estensione automatica, disposta dalla legge italiana, delle concessioni per l’utilizzo di beni demaniali marittimi e lacustri (in particolare spiagge), i giudici nazionali hanno sollevato una serie di questioni pregiudiziali di fronte alla Corte di giustizia, chiedendo se detta normativa fosse compatibile con la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi (la cosiddetta direttiva “servizi”) e la libertà di stabilimento sancita dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

L’articolo 12 della direttiva servizi stabilisce che la legislazione nazionale possa prevedere un numero limitato di autorizzazioni per lo svolgimento di determinate attività, ogni volta che vi sia scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili.

Con la sentenza del 14 luglio scorso, la Corte di giustizia ha dichiarato che l’articolo 12 osta all’automatica estensione delle concessioni per la gestione di stabilimenti balneari, senza la previa indizione di una procedura selettiva trasparente ed imparziale. Secondo la Corte, il legittimo interesse degli attuali concessionari ad ammortizzare gli investimenti sostenuti deve certamente essere tutelato, ma ciò non può giustificare il rinnovo automatico delle stesse, in mancanza di una procedura di gara aperta e trasparente.

Inoltre la Corte ha stabilito che, qualora la direttiva “servizi” non fosse applicabile alla fattispecie di cui al procedimento nazionale, la proroga automatica delle concessioni violerebbe comunque la libertà di stabilimento, nel caso in cui fosse accertata l’esistenza di un interesse transfrontaliero alle concessioni in oggetto. Infatti la mancata previsione di una gara pubblica, trasparente ed imparziale, per la loro assegnazione comporta una disparità di trattamento a danno di imprese stabilite in altri Stati membri.

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