Assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli. La Corte di giustizia si pronuncia sull’onere della prova riguardante la conoscenza, da parte della persona lesa, del furto di un veicolo

In data 30 aprile 2025, la Corte di giustizia si è pronunciata nella Causa C‑370/24, AT contro CT, (la sentenza è disponibile qui) sull’interpretazione dell’articolo 13 della Direttiva 2009/103/CE. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra AT, una persona fisica ferita in un incidente stradale, e CT, la compagnia designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada (FGVS), in merito al risarcimento del danno subito a seguito di tale incidente.

In data 6 gennaio 2016, AT era stata invitata a salire a bordo, come passeggera, di un’autovettura di cui il conducente aveva la disponibilità. A causa di un incidente verificatosi durante il tragitto, tuttavia, i due occupanti di tale autovettura erano stati trasportati in ospedale, in quanto AT aveva subito gravi lesioni fisiche. Poiché l’autovettura in questione risultava era stata rubata, e il conducente era risultato positivo alla cocaina, agli oppiacei e al tetraidrocannabinolo, i due erano stati sottoposti a procedimento penale per il reato di ricettazione, al termine del quale AT stata assolta per non aver commesso il fatto.

Nelle more, il conducente era deceduto, di talché AT aveva proposto un ricorso per ottenere il risarcimento del danno patito in conseguenza del sinistro nei confronti dell’erede di quest’ultimo e CT, in qualità di impresa designata dal FGVS, dinanzi al Tribunale ordinario di Lodi (il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di giustizia se l’articolo 13, paragrafo 2, della Direttiva 2009/103 debba essere interpretato, da un lato, nel senso che spetta all’organismo di cui all’articolo 10, paragrafo 1, di tale direttiva dimostrare, al fine di liberarsi dal proprio obbligo di risarcimento, che, in caso di incidente stradale, la persona lesa che di sua spontanea volontà aveva preso posto nel veicolo che ha causato il danno sapeva che quest’ultimo era stato rubato e, dall’altro, che esso osta ad una giurisprudenza nazionale che interpreta la normativa in questione nel senso che, in una situazione del genere, spetta a tale persona, per poter ottenere il risarcimento del danno subito, dimostrare che non era a conoscenza del fatto che tale veicolo era stato rubato.

Secondo la Corte, qualora uno Stato membro abbia optato per l’intervento dell’organismo di cui all’articolo 10, paragrafo 1, della Direttiva 2009/103 in caso di danni causati da veicoli rubati, spetta a quest’ultimo fornire la prova che le persone lese che avevano di loro spontanea volontà preso posto nel veicolo che ha causato il danno sapevano che esso era rubato per poter opporre alle vittime una disposizione legale o una clausola contrattuale contenuta in una polizza assicurativa, che esclude dall’assicurazione l’uso o la guida di veicoli, in circostanze del genere. La vittima di un incidente stradale, inoltre, non può essere obbligata a dimostrare di non essere a conoscenza del fatto che il veicolo su cui viaggiava era stato rubato, in quanto un simile onere della prova sarebbe contrario all’obiettivo di tutela delle vittime di incidenti stradali causati dagli autoveicoli perseguito dalla Direttiva 2009/103. Di conseguenza, una giurisprudenza nazionale che fa gravare l’onere della prova dell’ignoranza dell’origine illecita del veicolo che ha causato l’incidente stradale sulla vittima, in quanto fatto costitutivo della sua domanda di risarcimento, non risulta conforme ai requisiti derivanti dall’articolo 13, paragrafo 2, della Direttiva 2009/103.

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